Architetture del sottosuolo

 

Si sta avviando il completamento dei lavori di sistemazione della via Cattaneo, interessata da manufatti ipogeici, alcuni già noti al pubblico, come la galleria Ubalducci, altri meno, ma documentati attraverso la ricerca archivistica condotta dalla scrivente. Basti l’esempio delle fosse granarie collocate sotto il loggiato, che potrebbero essere rivalutate e scoperte per un arricchimento dell’arredo urbano già in atto con il progetto del manto stradale e nella messa a punto di una interessante cultural route finalizzata alla conoscenza dell’identità locale più antica, legata appunto all’economia della strada.

In questo contesto ritengo doveroso segnalare l’apporto di conoscenza offerto da benemeriti concittadini a partire dalla metà degli anni Settanta, coinvolti nel clima di ricerca e scoperte nel nucleo antico dell’abitato di Cattolica conseguente agli scavi archeologici effettuati e diretti per la Soprintendenza da Giuliana Riccioni con la collaborazione di Anna Graziosi. Già da allora erano emerse strutture sotterranee che evocavano anche nelle memorie popolari racconti e aneddoti, più o meno fantasiosi. Facevano parte del gruppo di ricerca Luigi Filippini (architetto), Sergio Pericoli (geologo), Marcello Marcolini (ingegnere), Gert Förstner ed altri appassionati. Un primo nucleo di ipogei era stato oggetto non solo di restituzioni grafiche, ma anche di rilevamenti fotografici, eseguiti con grande competenza da Alberto Marchi. Ritengo doveroso ricordare questi illuminati concittadini perché è grazie al loro interessamento e alle loro testimonianze che si è tramandata fino a noi la cognizione delle “grotte” nel nucleo antico di Cattolica. Nel 1988 a mia firma viene pubblicata una parte dei risultati di quella prima indagine in un articolo intitolato Le antiche gallerie sotterranee di Cattolica contenuto nel volume di A. Carile, M.L. De Nicolò, Cattolica Katholikà. Un arsenale dell’Esarcato (Milano 1988, pp. 26-43), dove si presenta un primo ventaglio di ipotesi interpretative sulla destinazione d’uso di quelle strutture, non comprovata però dalla ricerca storico-archivistica. L’intenzione prevalente, in quella sede, era quella di mettere in giusta luce la presenza di quei manufatti per stimolare la comunità scientifica a studiarne la fattura e gli utilizzi nel corso del tempo, al fine poi di tutelarne la conservazione come patrimonio culturale della città. Ulteriori e più aggiornati rilievi vengono organizzati qualche anno più tardi dal Centro Culturale Polivalente, dando materia per un quaderno collettaneo (Gallerie sotterranee a Cattolica) pubblicato nel 1996. Più recentemente, nel 2010, in occasione della International Summer School dell’Università di Bologna, Archeologia e civiltà della vite e del vino, esce, ancora a firma della scrivente, il volume Le tane del vino. Cantine, ‘volte profonde’, grotte, secoli XIII-XIX. Nello studio appena citato si dà rilievo soprattutto alla casa padronale (oggi proprietà Paparoni), dotata fra l’altro di ambienti di servizio messi a punto per la vinificazione e la conservazione del prodotto: ‘cantinone’, ‘cantina’, ‘cantinino’ nonché ‘tinacciara’. L’immobile in oggetto rientra in quella che fu palazzo Ferri-Balducci, in cui si ritrova appunto l’ipogeo con sala ottagonale. L’indagine storica affrontata in quest’ultimo studio mette a confronto le strutture ipogeiche del centro antico di Cattolica con quanto restituito dalla manualistica relativa alle costruzioni enotecniche sotterranee e viene definitivamente accertata una inconfutabile analogia con le gallerie “a nicchia” descritte e disegnate nei testi di costruzione presi in esame, in cui si dà spazio alla precettistica e alle nozioni fondamentali in materia di conservazione del vino. In alcuni di questi manuali vengono rappresentate anche le planimetrie e le sezioni di alcune aziende vinicole in attività nell’Ottocento, con la descrizione puntuale delle operazioni necessarie per introdurre ed estrarre le botti dalle cantine sotterranee, che richiedevano particolari accorgimenti. Queste ultime precisazioni sono state determinanti per interpretare la funzionalità delle gallerie a “nicchia” di Cattolica, oggetto del nostro interesse.

 

Anche per ribadire l’importanza che assume, per una corretta conoscenza delle vicende storiche una seria ed approfondita ricerca sulle fonti, bibliografiche ed archivistiche, passo ora al punto della questione prendendo come spunto iniziale, ma non casuale, una delle strutture già rilevate, la galleria Ubalducci. Cosa rappresenta? Qual è l’originaria destinazione di questa galleria? Perché le strutture architettoniche appaiono interrotte? Qual è la motivazione? La ricerca archivistica ha restituito il nome del proprietario di quest’immobile che risulta con certezza di costruzione relativamente recente. Si tratta di Giusto Vannoni (classe 1860), facente parte di una famiglia impegnata nel commercio di tessuti, ma verosimilmente interessato anche al commercio di vini. Dopo aver rilevato, nel 1886, dal padre Luigi, la “casa di recente costruzione posta nello spiazzale formato dalla vecchia e nuova strada corriera composta di un fondaco a piano terra con loggiato esterno” (acquistata più tardi, nel 1935, dalla famiglia Maffi), il Vannoni nel 1892 entra in possesso di un altro edificio, sempre nel centro antico del paese, “con ingresso sull’ex strada corriera composta di due vani sotterranei” che verifiche catastali hanno permesso di riconoscere nell’odierna casa Ubalducci. Nel 1909 lo stesso Vannoni acquista un’ulteriore stabile ad uso di osteria “con sotterraneo e grotta”, adiacente all’osteria dell’Orologio che, a sua volta, disponeva di una “grotta con due passaggi, uno dall’attuale ambiente ad uso di osteria e l’altro posteriore”. Evidentemente l’imprenditore intendeva acquisire diversi ambienti consoni non solo alla conservazione del vino destinato agli avventori delle osterie, ma atti anche al lungo deposito finalizzato alla commercializzazione/esportazione. Il progetto di Giusto Vannoni viene evidenziato anche dalla sua intenzione di realizzare, muovendosi dalla casa acquistata nel 1892, una lunga galleria “a nicchia”, di cui inizia appunto la costruzione. Dagli ambienti interrati, sottostanti l’edificio ubicato “rimpetto al palazzo del dottor Ferri, in direzione della strada corriera”, viene dato inizio allo scavo del primo braccio del cunicolo che si innestava ortogonalmente con la galleria realizzata in asse con la soprastante via Cattaneo (ex strada corriera vecchia) lungo la quale si nota ancor oggi l’impostazione di nicchie non portate a termine. I lavori infatti vengono sospesi perché la grotta Vannoni (ora Ubalducci) risultava “abusivamente costruita sul suolo pubblico” e pertanto l’amministrazione comunale aveva comminato al Vannoni una multa, stabilendo anche il pagamento di un canone annuo nel caso la struttura avesse trovato compimento. Si auspicava, o meglio si ordinava, nel caso di un suo utilizzo, “la stipulazione di regolare atto la cui spesa” avrebbe dovuto “essere a carico del Vannoni” (marzo 1903). La ricerca storico documentaria ha permesso di individuare la presenza di diverse strutture sotterranee adibite tutte alla conservazione del vino. Si portano alcuni esempi, rimandandone il censimento completo alla lettura di un volume già in opera. Alla data 1877 si documenta un locale “ad uso grottino” annesso all’osteria di Angelo Mecchi (in via Saladini); la grotta sottostante alla “bottega da calzolaio” (1880); la casa composta di tre ambienti, di cui due a piano terreno “con sottostante grottino”, confinante con la “strada vecchia postale”; il “grottino” annesso all’osteria di Luigi Amaducci e altri manufatti ancora costruiti in prossimità delle rivendite. Anche per i fabbricati edificati lungo la via Mazzini (strada nuova) progettata già nel 1825, si ricavano vani sotterranei, come è possibile verificare anche oggi. Grotte e grottini destinati alla conservazione del vino costellavano dunque sia la vecchia “strada postale”, sia la cosiddetta “strada nuova”, a rimarcare l’identità del luogo nelle attività ricettive e di ristorazione. La destinazione d’uso dei manufatti ipogei non lascia adito a dubbi e risulta fuor di luogo ogni arbitraria illazione e/o fantasticheria.