Recensione di Maria Ciotti in “Proposte e ricerche”, 55, 2005, pp. 434-435.

 

L’autrice è docente di Storia del Mediterraneo in età moderna presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna (sede di Ravenna). Le sue ricerche vertono prevalentemente sulla storia delle comunità costiere (istituzioni, economia, società), sulle attività marittime (pesca, commercio, tecniche di navigazione, cantieristica), sulla cultura dei pescatori. Su questi temi, oltre a numerosi contributi pubblicati in opere collettanee o su riviste specializzate, ha prodotto anche diverse monografie. La monografia Mangiar pesce nell’età moderna è incentrata in particolare sulle attività marittime legate alla produzione ittiche che, dal Cinquecento al Settecento, sono toccate da profonde trasformazioni dovute a modifiche del clima e a fattori extramediterranei che vanno a modellare, per alcune località, vocazioni pescherecce e specializzazioni lavorative del tutto nuove. Il prodotto fresco appare, in questi secoli, un cibo esclusivo destinato principalmente alle mense delle classi elevate, mentre sulle tavole dei ceti meno abbienti si consuma prevalentemente pesce essiccato o salato importato dai paese nordici. Ciò conferma che la produzione ittica del Mediterraneo, già connotata da Fernad Braudel come “una parca fonte alimentare”, non riesce a rifornire a sufficienza i mercati. Ma, già dalla seconda metà del Settecento grazie all’instaurarsi di fattori concomitanti di carattere sociale, politico, climatico e soprattutto tecnico, si avvia lentamente un progressivo incremento della produzione ittica mediterranea a cui si accompagna un’evoluzione del gusto e una maggiore attenzione della gastronomia intorno a questo alimento da sempre considerato, per motivi religiosi, un sostituto della carne su cui ripiegare obbligatoriamente nei giorni di digiuno o di astinenza. Un alimento quindi generalmente associato al concetto di penitenza e, per questo, non ancora particolarmente apprezzato. Sarà solo nel corso del Settecento, dietro molteplici sollecitazioni, prime fra tutte quelle derivanti dal progressivo incremento demografico, con l’aumento della domanda, l’allargamento dei mercati e le innovazioni tecniche nella produzione e nella conservazione del prodotto, che si assistre ad una “democratizzazione” del consumo di pesce fresco. Tale inversione di tendenza si riflette, come rileva l’Autrice, anche nelle preparazioni culinarie, che faranno del pesce fresco un alimento finalmente apprezzato anche dal punto di vista gastronomico. Il volume è corredato da un ricchissimo apparato figurativo che illustra i vari tipi di pesce più comunemente utilizzati in cucina e da un ricettario di pietanze a base di pesce, tratte da libri di cucina pubblicati tra XVI e XIX secolo.