Recensione di Maria Ciotti in “Proposte e ricerche”, 55, 2005, pp. 435-436.

Il volume si presenta come un’ampia e ben documentata monografia frutto di lunghe e accurate ricerche che insegue, nei secoli dell’età moderna, l’evoluzione socio-economica delle comunità rivierasche, alla luce e con il confronto di varie fonti, archivistiche e bibliografiche. L’indagine che qui si affronta, per la prima volta nel suo complesso, da un lato restituisce una inedita storia del Mediterraneo in cui prendono corpo problematiche di carattere politico, sociale e culturale inerenti il mondo della pesca, dall’altro colma un vuoto storiografico che troppo spesso viene giustificato con la radicata convinzione della “scarsezza e frammentarietà” delle fonti (nello specifico quelle quantitative), indicata ancor oggi come la causa principale della povertà di studi sull’argomento. Altra ragione, che ha penalizzato la storiografia della pesca in ambito italiano, deve essere ricercata nel difetto “strutturale” della pesca in area mediterranea, di gran lunga più povera e meno progredita, economicamente e tecnologicamente rispetto a quella dei paesi nordici e baltici dove la progressiva importanza assunta dalla raccolta dei prodotti ittici ha assegnato alla pesca un posto di primo piano nella storiografia nord-europea. Come osserva Mitchell, gli storici si sono prevalentemente interessati “delle industrie ittiche in grado di dare origine a più ampie attività commerciali, basate su investimenti relativamente cospicui, a scapito di quelle che si presentavano semplicemnete come una fonte di sussistenza per le popolazioni in via di incremento dell’Europa del XV e del XVI secolo” (A.R. Mitchell, La pesca in Europa agli inizi dell’età moderna in “Storia economica Cambridge”, vol. V, Torino 1978, p. 193). In realtà, benché la storiografia italiana abbia spesso dedicato alla storia della pesca un’attenzione marginale, considerandola di secondario interesse, sotto l’aspetto economico, rispetto ai grandi filoni d’indagine come la storia agricola e la storia dell’industria, in anni recenti si è registrato un positivo cambiamento. Ciò lo si deve oltre che all’opera di singoli studiosi, che da anni si distinguono con ricerche rigorose sull’argomento, come l’Autrice del volume qui recensito, anche all’interesse che alcuni storici dell’economia hanno cominciato a mostrare verso questo settore dell’attività produttiva e che ha visto la pesca e, più in generale, il mare e attività marittime al centro di progetti di ricerca e convegni di studi: si vedano ad esempio il “Terzo convegno nazionale di Storia della pesca”, recensito nel n. 52 di questa rivista e la XXXVII Settimana di Studi dell’Istituto “F. Datini”, recensita in questo numero. All’Autrice di Microcosmi mediterranei deve essere pertanto riconosciuto l’indiscusso merito di aver contribuito a dare rilievo storiografico a questo particolare settore di studi. Con questa indagine, condotta attraverso il recupero di materiale archivistico e documentario estremamente vario, la storia delle marineria da pesca acquista, a pieno titolo, un autonomo spazio come importante tema storiografico per lo studio e l’analisi dello sviluppo economico delle aree costiere; sottolineando, al contempo, come la storia della pesca non possa esaurirsi esclusivamente in un problema di cifre, basato su dati quantitativi che, almeno sino ad Ottocento avanzato, risultano quanto mai approssimativi. La mancanza di questo tipo di documentazione, pertanto, non può essere più indicata come la principale causa della povertà di studi sull’argomento, poiché come la De Nicolò con questo lavoro ha dimostrato, lo storico può far ricorso ad un ampio spettro di fonti, non meno importanti e ricche di notizie sotto l’aspetto qualitativo. Ne dà prova in questo volume, attraverso una serie di saggi che spaziano dalla pesca come economica di sussistenza, alla formazione dell’impresa peschereccia finalizzata alla produzione e al commercio su più vasta scala; dall’analisi delle tecniche di pesca costiera praticate nel Cinquecento, all’introduzione, nel Sei-Settecento, di innovazioni tecniche che consentiranno l’avvio e poi lo sviluppo della pesca alturiera; dalla trasformazione delle tecniche di navigazione, alla organizzazione lavorativa dei pescatori; dalla politica della pesca negli stati di Antico Regime, alle proposte degli economisti nell’età delle riforme. Particolare attenzione è dedicata ai periodi di congiuntura, alla politica internazionale e ai fenomeni di carattere climatico che hanno contribuito a modificare e a strutturare, nel corso dell’età moderna, la professionalità dei pescatori e l’uso delle risorse finalizzato al commercio del pesce fresco e all’industria. Merita menzione la dedica del libro a Alberto Tenenti, figura centrale della storiografia marittima mediterranea, scomparso di recente.

 

 

 

Segnalazione in “Società e storia”, n, 108, Franco Angeli, 2005, p. 452: “La storia della marineria da pesca e delle comunità di pescatori viene qui ricostruita nel suo complesso per i secoli dell’età moderna, attraverso gli aspetti economici, culturali, sociali e politici, sulla base do un’ampia consultazione di materiale archivistico e documentario originale assai vario”.