La strada e il mare segnano, fin dalle epoche più antiche, la storia di Cattolica. La strada, ancor prima del mare, si rivela l’asse portante della vita economica del villaggio, estrema propaggine dell’Emilia Romagna, felicemente definita propria “regione della strada” (Riccardo Bacchelli). Tenendo sempre ben presente questa realtà, attraverso la rilettura delle cronache coeve e l’introspezione documentaria, si comprende il perché Cattolica fu teatro di tanti avvenimenti. Non deve sorprendere l’uso (e abuso) in questo libro di tante citazioni di Cattolica, estrapolate via via dalle fonti, a stampa e manoscritte. L’abbondante intercalare di numerosi incisi originali, oltre a proporre un repertorio di memorie non sempre facili da rintracciare, si presta con efficacia alla messa a fuoco di quanto avviene nei secoli e di quanto e come gli abitanti furono protagonisti e spettatori. È la strada il tramite essenziale per qualunque impresa, economica e militare ed altre alla conoscenza dei luoghi o della loro conquista. Durante il Rinascimento il villaggio è tutto un brulichio di gente. Condottieri e banditi imperniano sulla strada le loro strategie di guerra e di rapina e mercanti e pellegrini, gli antenati dei viaggiatori, vi si incamminano spinti da interessi economici e spirituali. Le coste di Romagna sono intensamente battute nei secoli dell’età moderna” per terra” e “per acqua”; con il tempo migliorano e si snelliscono i servizi stradali, si sviluppa un’economia del viaggio, nasce la posta cavalli e si compilano, ad uso di chi si avventura sui percorsi principali, appositi itinerari e guide. Aumenta e si divulga la conoscenza delle località ubicate lungo le grandi arterie stradali e crescono anche attorno a Cattolica, tappa “notissima a tutti i passeggeri”, leggende e tòpoi culturali. Accanto a gente comune, condottieri, poeti, scrittori ed artisti, transitano papi, imperatori, principi e regine che lasciano traccia dei loro passaggi in cronache, documenti e … lapidi. Il Cinquecento era stato un secolo importante, in cui, nel contesto di quei fattori politici di pace internazionale prodotti dal trattato di Cateau Cambrésis (1559) anche la piccola realtà di un borgo di frontiera aveva beneficiato di un certo movimento di uomini e di cose. Come tutta l’economia italiana, aveva vissuto la sua “estate di San Martino”. Un periodo quello per molti versi analogo ai decenni di tranquillità che seguono gli accodi di Acquisgrana (1748), che giustificano, almeno i parte, quell’incalzante processo di cambiamenti di cui il borgo di Cattolica fu di nuovo spettatore e che portarono a rivivacizzare la vita economica e sociale ed a spostarne l’orientamento verso le arti del mare. Non vanno dimenticare, a questo proposito, le mutate condizioni di sicurezza dell’Adriatico, meglio navigabile grazie alla progressiva scomparsa del pericolo turco ed al diradamento della pirateria, attiva comunque anche con drammatiche incursioni sui litorali fino al 1815. Da “contrada di taverne per li viandanti”, dunque a borgo dedito alle arti del mare. Sae nel tardo Cinquecento l’intensificarsi del movimento di uomini e di merci lungo la via Flaminia aveva contribuito a rafforzare per Cattolica la nota matrice di centro viario, nel secondo Settecento emerge invece, nonostante le norme fissate dai capitoli della dogana di Rimini, che vietavano qualsiasi traffico commerciale sul lido, la vocazione marinara di una popolazione che si cimenta progressivamente nelle arti del mare e principalmente nella pesca e nel commercio del pesce fresco. L’attività piscatoria era rimasta fino ad allora ad uno stato embrionale, praticata com’era esclusivamente sotto costa e in quasi totale assenza di adeguati mezzi. Le innovazioni nelle tecniche di pesca, gli sforzi finanziari per l’acquisto di natanti più capaci e sicuri, idonei anche per la pesca d’altura, richiesti di volta in volta nei cantieri di Chioggia, Rimini, Pesaro, Senigallia, le nuove pratiche di conservazione del prodotto tramite la costruzione di manufatti appositi quali le ghiacciaie e conserve, sono solo alcuni tra gli elementi che consentono, a metà Settecento, quello sviluppo delle attività piscatorie registrabile un po’ ovunque nel medio Adriatico nel favorevole clima di tranquillità. È il riflesso di una mutata situazione politica che propone un insperato, lunghissimo periodo di stabilità. “Mezzo secolo di pace” per dirla con le parole di Franco Venturi. Fu comunque un merito esclusivo della popolazione locale quello di aver intuito una nuova fonte di prosperità che apriva ad altre occupazioni offrendo lavoro e adeguati cespiti di guadagno, dal momento che scelte ed investimenti certamente non privi di rischi, non vennero sollecitati da piani economici o stimolati da provvedimenti governativi, ma furono dettati dalla volontà di gruppi di uomini che, individuando le condizioni favorevoli allo sviluppo di commerci, si indirizzava con speranza verso il settore marittimo. Un fenomeno comunque che nasce e si alimenta nel clima di novità e nell’interessante giro di denaro che gli ambienti portuali riminese e pesarese presentano nel secondo Settecento. Il progresso dei piccoli centri costieri, come ha ben delineato Fernand Braudel, rimane condizionato dai contatti con centri urbani in grado di agevolarne e sostenerne gli indirizzi e le scelte. “I villaggi marittimi, cellule di base, non bastano da soli a creare una vivente regione marina, occorre il completamento insostituibile di una grande città, fornitrice di alberature, di tele per vela, di attrezzi, di cordami, di capitali; una città con i negozi, i noleggiatori, gli assicuratori e tutte le molteplici forme di aiuto che può offrire un centro urbano”. Ed è proprio ai centri urbani, sia pur modesti quali erano Rimini e Pesaro nel Settecento, che si rivolge la popolazione marittima di Cattolica per la costruzione dei propri legni, giovandosi peraltro di carpentieri navali immigrati dalle aree lagunari venete e soprattutto da Chioggia, vero e proprio fulcro e centro di riferimento delle attività marittime minori quali il piccolo cabotaggio e la pesca. Con la conclusione del secolo XVIII Cattolica è ancora una terra satellite della città (Rimini), senza porto, senza strutture, senza una propria organizzazione amministrativa: una “non comunità”. L’Ottocento nascente sarebbe stato foriero di importanti cambiamenti. Al tracciato alternativo della “strada nuova”, che soppianta la “vecchia strada postale”, troppo ripida e di difficile percorrimento, a metà secolo era ormai preferita la ferrovia, a discapito di quei servizi di ristoro e delle attività commerciali che vivevano appunto del transito sulla strada. D’altro canto la creazione della stazione ferroviaria incrementava le spedizioni del pesce fresco. a tutto vantaggio del settore marittimo in pieno sviluppo. E con l’arrivo del treno si stimolava la crescita di un ulteriore settore, alternativo all’economia della strada: iniziava la stagione dei bagni e un inedito sfruttamento della spiaggia con la villeggiatura marina e “l’industria del forestiero”.