La tematica affrontata in questo saggio intende riproporre problema delle origini del nome di Cattolica, argomento che ha interessato da tempo gli studiosi, alle prese con l’unicità del vocabolo, almeno in questi contesti territoriali. In effetti si tratta di un caso singolare che ha favorito nel passato ipotesi leggendarie (l’episodio del concilio di Rimini, IV sec. d.C.), o spiegazioni legate a scontri armati avvenuti fra fazioni contrapposte (cattolici e patareni), a cui far risalire la connotazione linguistica assegnata a questo luogo. Gli studi di Antonio Carile invece hanno suggerito una matrice storica etimologica del termine, calandolo nell’età bizantina. Il contributo di Carile ipotizza peraltro anche un rapporto del significato del termine con strutture edilizie, che potremmo definire contenitori, utilizzate quale supporto dagli eserciti nelle terre dell’Esarcato e della Pentapoli lungo la via Flamina o nei pressi di presidi militari. Fortemente indiziate, a questo proposito, parrebbero le gallerie sotterranee rilevate nel centro storico di Cattolica, oggi solo parzialmente perlustrabili per maggiori e più puntuali approfondimenti, perché parte ancora interrate o semidistrutte da interventi edilizi. La fortuna del toponimo antico si deve sostanzialmente alla decisione degli arcivescovi di Ravenna, poi detentori del possesso di quest’area nel medioevo, di connotare alla fine del Duecento con il nome di Cattolica un castrum di nuova fondazione, sorto sulla strada per assicurare rifugio e un sicuro asilo ai profughi dei castelli di Focara. Per dare nome al nuovo insediamento venne utilizzato insomma un vocabolo preesistente, tramandato dal passato e ancora in uso per qualificare, in quell’epoca un rivus adiacente al sito prescelto. In queste pagine si propone all’attenzione degli storici e degli studiosi di toponomastica l’accertata diffusione di questo stesso termine anche in altre aree territoriali contermini già facenti parte dell’Esarcato. Al dato toponomastico emerso all’interno di un territorio facente parte di un presidio militare bizantino (castrum Conke), si affacciano oggi altre testimonianze nei territori delle città limitrofe di Pesaro e di Fano, mentre un dato di microtoponomastica urbana (ci si riferisce alla città di Rimini, borgo San Giuliano), appare al momento con una documentazione troppo recente per essere preso in considerazione. La comparazione dei luoghi, fundi denominati con l’antico toponimo (Catholica appunto), fa emergere una sorta di un comune denominatore: la presenza di fonti/sorgenti. Per il villaggio di Cattolica e per Pesaro esistono elementi riferiti ai rispettivi acquedotti (moderno il primo, tardoromano e altomedievale il secondo), per Carignano (territorio di Fano) il collegamento è con le terme omonime. Se si riuscisse a provare un legame tra il toponimo e l’acqua, riaffiorerebbe ( è il caso di dirlo) l’enigma della “città sommersa”, qui proposto in una chiave di lettura “desalinizzante”, cioè non senza collegamenti con il mare, Infine in questa piccola esercitazione storica, si dà spazio anche un dato reale, rappresentato da un reperto archeologico. Nel Settecento si documenta il ritrovamento, durante i lavori di demolizione della chiesa plebale di San Giovanni in Marignano, di un antico altare. Una pietra importante, degna dapprima di essere riprodotta in un disegno, poi trasportata a Ravenna nella basilica di San Vitale per rimanervi esposta di fronte all’altar maggiore. Apparteneva all’antica pieve di San Giorgio del castello di Conca come si cerca di dimostrare in questa sede? Potrebbe essere rintracciata fra le pietre antiche conservate nei musei di Ravenna? Un quesito, quest’ultimo, che apre a nuove ricerche e studi mirati alla ricostruzione delle vicende relative anche agli arredi sacri della basilica ravennate.