In questa pubblicazione si ripercorre la storia della comunità parrocchiale di Cattolica attraverso la cronaca dei fatti specificamente riguardanti gli edifici sacri più antichi, la pieve di San Giorgio e la chiesa di Santa Maria e del Beato di Vitale, poi di Sant’Apollinare, conservatasi fino ai nostri giorni nella sua facies settecentesca, rinfrescata dal recente restauro. Al contempo però si è dato spazio anche ad una rilettura delle immagini sacre che hanno fin dalle origini accompagnato gli atti di devozione rappresentando, accanto ai santi titolari delle chiese, i protettori della comunità e delle principali attività che hanno caratterizzato la storia di Cattolica. La proposizione di una ricca appendice documentaria sulle varie fasi di trasformazione degli edifici, sulle quadrerie e le suppellettili, censite attraverso gli inventari dei beni che ne costituivano gli arredi interni, è stata dettata dall’intento di offrire indicazioni che si riveleranno assai utili agli storici dell’arte e ai restauratori impegnati nell’analisi delle opere tutt’oggi presenti. Nel quadro ambientale in cui si innesta la storia degli antichi insediamenti della bassa valle del Conca e, più in particolare nell’ambito dell’attuale comune di Cattolica, è interessante notare la collocazione, per certi versi strategica, dei due edifici di culto che hanno contrassegnato la vita civile e sacra di questo piccolo territorio; entrambi infatti, sia la chiesa di San Giorgio, che quella di Sant’Apollinare, con un’intitolazione che riflette il ruolo politico assunto nell’età medievale dalla chiesa di Ravenna, si affacciavano sulla cosiddetta Valle, per usare un termine del dialetto locale, ad intendere la distesa delle terre (antico fondale del mare) costituita in origine esclusivamente da arenili (staggi del mare), trasformatasi poi gradualmente, tra Cinque e Settecento, in campi prativi e arativi, che si estendeva tra le foci dei fiumi Tavollo e Conca. La Valle, rispetto ai terreni coltivati del piano terrazzato soprastante, su cui nel 1271 verrà edificata la Cattolica, e del rilievo collinare che accoglieva la pieve di San Giorgio, appariva come una depressione del terreno, un grande avvallamento, una sorta di catino naturale che per la forma arcuata disegnata dalla falesia, gli antichi chiamavano Conca e che, non a caso, andrà a designare la sede umana altomedievale che su di essa si affacciava, il castello di Conca appunto e la pieve omonima ad esso collegata. Nel 1781 il vescovo di Rimini Vincenzo Ferretti, giunto a Cattolica (ad vicum Catolicae) durante la sua visita pastorale alla diocesi, nell’ispezione alla chiesa di Sant’Apollinare si era trovato di fronte il cantiere con i lavori in corso per il rifacimento dell’ edificio sacro, la cui ricostruzione da tempo era attesa dall’intera comunità. Pur non essendo ancora ultimata, la nuova chiesa appariva agli occhi dell’alto prelato più ampia ed elegante rispetto all’antica struttura, che ricordava deteriorata dalla vetustà e dai danni prodottisi per le ingiurie del tempo (labefactata ex vetustate et temporis iniuria). Dunque era da lodarsi quell’opera di radicale ristrutturazione che si stava compiendo grazie all’impegno finanziario dei monaci di San Vitale di Ravenna, che, pur avendo affidato la cura delle “anime” a don Pietro Legni, il parroco incaricato, nativo di San Giovanni in Marignano, detenevano la proprietà dell’edificio fin dal 1512. In quella stessa giornata, nel prosieguo della sua ispezione ai luoghi di culto, il vescovo Ferretti si era fermato anche nell’oratorio di San Giorgio in Conca, sempre di pertinenza del monastero di San Vitale, ubicato in campagna, sul colle (situm in eminenti tumulo) prospiciente la via Flaminia, a poca distanza dal borgo di Cattolica, in direzione di Rimini (prope viam consularem in parva distantia a vico Catolicae versus Ariminum). Nella sua relazione di visita, motivando in qualche modo la richiesta di urgenti riattamenti all’altare e all’edificio, viene segnalata la significativa pratica religiosa, mantenutasi nel tempo, della processione che da San Giovanni in Marignano ogni anno si muoveva alla volta della piccola chiesa di San Giorgio in Conca, a marcare l’immutato rispetto della popolazione di quel territorio per un importante luogo sacro di antichissima memoria, sede della primitiva pieve di Conca (ad hoc oratorium populus Sancti Iohannis in Marignano devotione ductus processionaliter quotannis semel accedit). In queste brevi annotazioni si racchiude la storia di due chiese, entrambe edificate sul ciglio della falesia, in sito più elevato rispetto ai sottostanti arenili e si evince in estrema sintesi anche la storia, antica e moderna, degli insediamenti umani ad esse collegati.All’edificio sacro più antico, la plebs Sancti Georgii o plebs Conche, va collegata la primitiva evangelizzazione di questo territorio a confine tra le due diocesi di Rimini e di Pesaro, mentre la chiesa di Sant’Apollinare si mostra il complemento religioso, nella fondazione (1271) controllata e voluta dagli arcivescovi di Ravenna, del nuovo insediamento di Cattolica che, dopo un lento ma costante declino fra XIII e XV secolo, tornerà a ripopolarsi nel secondo Cinquecento, con i caratteri e le potenzialità di un centro viario di grande transito, dotato di adeguati servizi per i viaggiatori paganti e per i pellegrini bisognosi di ospitalità caritatevole. è soprattutto dopo il grande giubileo del 1575 che si manifesta appieno l’identità socio-economica di Cattolica, evidenziata, sul fronte spirituale, dalle decisioni del vescovo Giovan Battista Castelli di trasferire nella chiesa di Sant’Apollinare, fino a quel momento ancora priva della presenza fissa di una figura sacerdotale, la cura dell’antica pieve di San Giorgio in Conca, sulle cui antichissime vestigia era rimasto attivo già all’epoca solo un modesto oratorio di cui si ha notizia nel 1555. Dal dicembre 1576 dunque il borgo, in piena espansione, viene finalmente dotato di una chiesa parrocchiale in grado di assolvere a tutte le principali funzioni religiose, dando modo all’intera comunità di ritrovare in essa il principale punto di aggregazione e di alimentare e tramandare le principali pratiche della pietà popolare anche attraverso espressioni della cultura materiale. Di pari passo con la nascita della parrocchia si promuove la costituzione di un sodalizio laico, la Compagnia del Santissimo Sacramento (1577-1578), che nel 1621 contava già circa quaranta confratelli e ricoprirà un ruolo significativo nella vita della comunità, con azioni volte a sostegno dei soggetti più deboli anche attraverso l’amministrazione di un Monte frumentario, con la gestione dei servizi parrocchiali e con iniziative di carità e di fede fra cui si inserirà anche l’impegno prodigato per la realizzazione dell’ampliamento della struttura parrocchiale. L’esistenza di una seconda societas, documentata già nella prima visita pastorale del vescovo Ferretti3 ed intitolata alla Beata Vergine del Carmelo, rimarca la profonda devozione popolare alla Madonna “singolare patrona di Cattolica” che si è tramandata fino all’odierno. Riguardo alle trasformazioni subite dall’edificio sacro, un primo importante intervento edilizio si registra nel 1578, epoca in cui persisteva ancora l’originario impianto medievale. L’intendimento del vescovo era quello di sistemare la chiesa in modo che potesse rendersi idonea per una popolazione parrocchiale in crescita che in quegli anni già contava 350/400 “anime” (1576). Due secoli più tardi, in un periodo di forte sviluppo del centro, sia demografico che economico, saranno gli stessi parrocchiani a richiedere alle massime autorità ecclesiastiche la costruzione di una chiesa più capace e consona alle mutate esigenze del tempo (1761). La supplica dei cattolichini inoltrata direttamente al pontefice, sostenuta dal parroco don Pietro Legni, attiverà poi le obbligatorie valutazioni, da parte del vescovo di Rimini cardinal Valenti ed al contempo dell’abate di San Vitale Pietro Paolo Ginanni. Nei primi anni sessanta del Settecento dunque avrebbe dovuto aprirsi il cantiere per il rifacimento dello stabile e il documento datato 1763, inerente il contratto d’appalto stabilito da parte del monastero di San Vitale con un costruttore di Pesaro per le opere murarie da eseguirsi seguendo il disegno progettuale di Giuliano Cupioli, ne dà conferma. I lavori però non hanno inizio, forse a causa della crisi provocata dalla lunga carestia che va a connotare drammaticamente quegli anni (1764-1767) o per altri motivi che, allo stato attuale della ricerca, rimangono ancora ignoti. Solo nel 1779 dunque si riparte con nuove perizie e altre soluzioni architettoniche che porteranno, nel 1781, alla consegna della chiesa finalmente trasformata e rispondente ai desideri dei fedeli. Dieci anni più tardi, nel 1795, si porterà a conclusione il piano di riqualificazione della chiesa con la fabbrica del campanile, che andrà a sostituire quello antico, presente fin dal 1561, mentre alcune vedute settecentesche documentano un campanile a vela.

 

Indice:

 

 

La storia. Dalle origini alla ricostruzione settecentesca

 

La costruzione del campanile

 

La compagnia del Santissimo Sacramento

 

Don Pietro Legni e l’attività parrocchiale del secondo Settecento

 

 

 

Appendice documentaria