Il mio coinvolgimento nella realizzazione della mostra da allestire nella passeggiata lungo la nuova darsena, che risponde all’insistente invito rivoltomi dal Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Gradara, Fausto Caldari, a riconsiderare la precedente esposizione, nello stesso luogo di ritratti fotografici, privi di commento didascalico, inaugurata nella primavera-estate 2008 ha offerto l’occasione per avviare, ribaltandola nella sua realizzazione materiale, la sequenza tematica che era stata preannunciata in un progetto museale con metodologia inedita inascoltato, presentato all’amministrazione comunale di Cattolica nel novembre 2009. Lanciavo l’idea, rimasta in quel contesto cittadino del tutto inascoltata e ora raccolta dal Comune di Gabicce Mare e dalla Provincia di Pesaro Urbino per una sua concreta attuazione sull’intero litorale pesarese, di un Ecomuseo della città e del territorio, che per Cattolica si può tradurre potenzialmente in un “museo all’aperto”, una cultural route suddivisibile in più sezioni, da allestirsi in diverse aree urbane, rappresentative delle identità distintive maturate nel corso dei secoli ad opera della società che qui si è trovata a vivere e ad operare. L’intento – come si legge nelle linee embrionali del documento progettuale – condiviso, all’interno dell’Istituzione culturale della Regina (Comune di Cattolica), da Fausto Caldari e da Tullio Badioli che, come me, ne facevano parte, era quello di promuovere la conoscenza dei caratteri originali di Cattolica, vivificando le potenzialità dei depositi culturali, materiali e immateriali in nostro possesso, avvicinando il vasto pubblico alla nostra storia, incuriosendo con effetti scenografici e di suggestione e superando la staticità delle attuali strutture museali, con una didattica originale e propositiva capace di coinvolgere la gente e di attivare, nelle sue propaggini all’aperto, anche altre funzioni di promozione culturale e turistica con la collaborazione di operatori di varie categorie. L’Ecomuseo si prospetta infatti come un patto con il quale la comunità tutta si impegna a prendersi cura della città, della spiaggia, del mare, del territorio con l’obiettivo di utilizzare, per il presente e per il futuro, il patrimonio ambientale e culturale di cui dispone, in modo da aumentarne il valore e farne oggetto di richiamo per un turismo di qualità. L’Ecomuseo è principalmente un museo della gente che diventa in esso, a tutti gli effetti, parte integrante, quale esempio vivente, nella descrizione che si offre ai visitatori forestieri, di una storia di lunghissimo periodo che ab immemorabili arriva fino ai nostri giorni.

 

L’iniziativa odierna, partita nelle primitive intenzioni come una semplice ricostruzione rievocativa dell’ambiente portuale degli anni centrali del Novecento, animata principalmente dalla ricerca sulle immagini e fonti orali di Dorigo Vanzolini, grazie al quale l’archivio fotografico comunale ha trovato in quest’ultimo decennio un rilevante implemento che si è andato ad aggiungere ai materiali documentari e al fondo immagini restituito dall’indagine storico-archivistica condotta dalla scrivente a partire dal 1972, si presta come campo sperimentale per l’attivazione dell’auspicato Ecomuseo ed è in questo senso che ho voluto orientare la cultural route n.1, proponendo una duplice lettura di conoscenza: la prima riguarda, dopo un breve cenno figurato alla tipologia dell’approdo naturale e alle attività che si svolgevano lungo il litorale prima della costruzione delle strutture portuali, tradotto in tre vedute pittoriche che anticipano la carrellata di quadri fotografici rappresentativi delle profonde trasformazioni che accompagnano, dalla metà dell’Ottocento, lo straordinario sviluppo della flottiglia peschereccia e del commercio del pesce; la seconda pone invece l’accento sulla gente del porto, raffigurata nel dispiego delle diverse arti lavorative che ruotavano attorno al mestiere del pescatore (cordai, velai, fabbri, vetturali, maestri d’ascia, pescivendoli) e in alcuni particolari momenti di aggregazione con un’antologia di ritratti e gruppi che permettono di riflettere su un mondo scomparso, su stili di vita, su usi e costumi tradizionali e di riconoscere i principali ceppi familiari connotativi dell’identità marinara cattolichina, documentati anche nel codice di riconoscimento dei segni araldici, distintivi delle varie famiglie, dipinti sulle vele con l’uso sapiente di pochi colori (rosso, giallo, nero) che andavano ad evidenziare combinazioni geometriche simboliche. La strutturazione marinara per Cattolica si riconosce come un’identità recente, sviluppatasi negli ultimi tre secoli, che va ad appaiarsi a quella più antica, legata alle pratiche del commercio e dell’ospitalità, tipica di un centro sorto su un’arteria di grande comunicazione quale la Flaminia, trasformata, a partire dalla fine dell’Ottocento, dal fenomeno del turismo balneare e più recentemente da altre attività industriali. Il recupero di testimonianze sulla marineria di Cattolica era stato promosso per la prima volta sul finire degli anni sessanta per interessamento di Mario Prioli, presidente della Associazione Albergatori F.A.I.A.T, organizzatore appunto della “Prima mostra di disegni di Bragozzi Cattolichini a documentazione dell’epoca marinaresca della pesca e navigazione a vela. Dal ... (sic) al 1927-28”, ospitato nei locali dell’Azienda Autonoma di Soggiorno che aveva richiamato una forte partecipazione popolare, in primis degli “autori dei disegni presentati: vecchi marinai di Cattolica”. Unico documento a ricordo di quell’evento è un manifesto che propone un elenco con soprannomi di paroni e armatori, in tutto 72, e le intitolazioni dei velieri che avevano costituito, fino ai primi decenni del Novecento, la flottiglia di Cattolica. Fondamentale era stato, per il buon esito di quel sia pure breve avvenimento, la collaborazione dei “vecchi marinai” e specialmente di due anziani paroni: Mario Prioli (al Bògule), l’anziano zio omonimo del curatore della mostra e Dino De Nicolò (Dino d’Piròl), autori peraltro anche di numerosi modellini di barca divenuti oggi preziosi cimeli. Da parte del “Comitato promotore” si sollecitavano i “visitatori” della mostra, che durò appena un mese, a fornire “suggerimenti e precisazioni in riguardo al colore delle vele, ai nomi delle barche ai vari personaggi componenti l’equipaggio e quant’altro concorra a migliorare la raccolta e la documentazione” con preghiera di consegnare le informazioni presso gli uffici dell’Associazione Albergatori. La richiesta rimase inascoltata e un quadro generale delle vele storiche si produrrà solo nel 1996 quando, ancora una volta con il supporto finanziario del Circolo Nautico di Cattolica e soprattutto in virtù della sensibilità di Tullio Badioli, presidente di quel sodalizio, viene pubblicato il censimento delle “barche piccole, medie e grandi” con relativa simbologia velica, frutto dell’indagine della scrivente svolta a metà degli anni settanta sulla scorta delle testimonianze di Sebastiano Vanni, Angelina e Sebastiano Massa, Elvino De Nicolò, Mario Prioli, Mario Ercoles e migliorata per la sua pubblicazione con la fondamentale collaborazione di Giuseppe Ercoles (Fafén ‘d Macaron) e Colombo Gaudenzi (Topolino).